Le maschere tradizionali del Carnevale
L’uso delle maschere di Carnevale ha origini teatrali: la commedia dell’arte ha dato vita a personaggi tipici che sono entrati a fare parte del costume italiano.
Nascono dal teatro buffonesco e popolare delle fiere e più tardi giungono alla tipizzazione universale sottolineando i vizi e i difetti degli uomini.
La prima figura comica, diventata poi personaggio fisso della commedia, era lo “zanni”. Originario del bergamasco, rappresentava il contadino povero e ignorante. Con gli anni la figura degli zanni si distinse in due categorie: il servo furbo, o primo zanni, e il servo sciocco, o secondo zanni. Da questo momento nascono maschere come Brighella e Arlecchino entrate a far del costume italiano.
La maschera di Arlecchino ha origine dalla contaminazione di due tradizioni: lo Zanni bergamasco da una parte, e “personaggi diabolici farseschi della tradizione popolare francese”, dall’altra.
La carriera teatrale di Arlecchino nasce a metà del cinquecento con l’attore di origine bergamasca Alberto Naselli noto come Zan Ganassa che porta la commedia dell’arte in Spagna e Francia. Nel ‘700 Goldoni lo introdusse nella commedia letteraria.
Abito: a pezze multicolore, maschera nera, dialetto pseudo bergamasco, astuzia, coraggio e poltroneria. Ebbe particolare fortuna nel ‘700, durante l’800 la sua figura decadde per essere ripresa durante il teatro dei burattini, come protagonista di farse e di commedia per fanciulli.
Colombina è il nome di una maschera veneziana della Commedia dell’Arte.
È la scaltra servetta fidanzata di Arlecchino. È molto maliziosa e convince Arlecchino ad esaudire ogni suo desiderio, soprattutto a comprarle tutto ciò che desidera.
Pulcinella è una maschera napoletana della commedia dell’arte.
La sua creazione si deve, molto probabilmente, a Silvio Fiorillo da Capu che lo interpretò sul palcoscenico. Pulcinella indossa un camicione bianco con larghi pantaloni bianchi, ha un cinturone nero in vita, il ventre sporgente, scarpette nere, un cappuccio bianco in testa e una grossa maschera al viso che lascia scoperta sola la bocca; ha un naso ricurvo, le rughe sulla fronte e un espressione al quanto inquietante. Egli è un servo furbo e pigro, ha una tonalità di voce stridula e acuta, cammina in maniera goffa, gesticola in modo eccessivo, tanto che quando deve mostrare la sua gioia, lo fa in maniera plateale e senza risparmiare le sue energie vitali comincia a saltellare, danzare, cantare, gridare, ecc.
Balanzone (allegoria della Giustizia), conosciuto anche con il nome di Dottor Balanzone, è una maschera di origine bolognese.
Uomo dalle guance rubizze, veste sempre di nero ed ha una grossa pancia; è solito gesticolare molto, ma i suoi gesti sono sempre pacchianamente autorevoli ed eloquenti. Calza una piccola maschera che ricopre solo le sopracciglia e il naso, appoggiandosi su due grandi baffi. Indossa la divisa dei professori dello Studio di Bologna: toga nera, colletto e polsini bianchi, gran cappello, giubba e mantello.
Gode di molta stima tra le altre maschere che spesso si rivolgono a lui per un parere medico, e lui non nega il suo aiuto e coglie l’occasione per fare la cosa che più gli piace: parlare ed elargire pareri di nessun valore.
Brighella è una maschera popolare bergamasca, deve il suo nome al suo carattere attaccabrighe, insolente e dispettoso. E’ compare di Arlecchino, entrambi bergamaschi. Brighella però ci tiene a precisare che lui é di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa.
Brighella è un tipo di servo avventuriero munito di coltello e pronto a qualsiasi azione e intrighi, il che ha dato origine al suo nome. Viene raffigurato con giacca e pantaloni decorati con galloni verdi; ha scarpe nere con i pon pon verdi. Il mantello è bianco con due strisce verdi, la maschera e il cappello sono neri. Sa suonare e cantare tanto che è chiamato pure “Flautino”. Goldoni lo ha introdotto tra le sue maschere trasformandolo talora in servo affettuoso e disincantato.
Pantalone è una maschera veneziana, rappresenta il tipico mercante vecchio, avaro e lussurioso.
In seguito è stato trasformato nel saggio e buon padre di famiglia. Veste in velluto o stoffa rossa, con calze rosse e berretto. Non abbandona mai la borsa con i suoi averi.
Il nome Pantalone deriva da “Pianta Leone”, come venivano definiti coloro che, con la scusa di conquistare nuove terre per Venezia, si sbrigavano a piantare la bandiera di San Marco su ogni pezzo di terra che trovavano. E’ chiamato il Magnifico.
Gianduja è una maschera popolare torinese di origini astigiane. Il suo nome deriva dalla locuzione Gioann dla doja ovvero Giovanni del boccale.
Dal suo nome deriva quello della cioccolata gianduia e del famoso cioccolatino “Gianduiotto”.
E’ un intenditore di vini doc e la sua vera passione sono le osterie. E’ un galantuomo allegro dotato di buon senso e coraggio che ama, oltre al buon vino, anche la buona tavola.
Scaltro e arguto, ha un costume di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto giallo e le calze rosse. Nella tradizione carnascialesca si affianca a quelle medioevali di Ballanzone per Bologna, Pantalone per Venezia, Pulcinella per Napoli ecc.
Stenterello è la maschera tradizionale di Firenze. Conosciuto come l’unica maschera del Carnevale e del Teatro fiorentino. Dal naso prominente, Stenterello è il tipico personaggio fiorentino chiacchierone, pauroso ed impulsivo; ma anche saggio, ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole, anche se la tremarella gli mette spesso i bastoni tra le ruote. Assieme alla risposta pronta, ha sempre battute pungenti, espresse in vernacolo fiorentino, non volgare ma mite e brioso. Indossa il tricorno nero o una lucerna con fregio, una giacca (zimarra) o giubba a falde di color azzurro chiaro o blu, sopra ad una sottoveste sgargiante, panciotto giallo canarino, dei calzoni corti neri (a volte neri e verdi), una calza di cotone rossa ed una fantasia, o due diverse tra loro ma a righe, scarpe a fibbia basse, ed una parrucca bianca con codino all’insù.
Meneghino è una maschera lombarda che nasce nel Seicento. Meneghino impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. Generoso e sbrigativo, è abile nel deridere i difetti degli aristocratici. “Domenighin” era il soprannome del servo, che la domenica accompagnava le nobildonne milanesi a messa o a passeggio. Durante l’insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi come simbolo di eroismo. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, ancora oggi è protagonista dei carnevali milanesi.
Rugantino è una maschera del teatro romano. Questa maschera impersona un tipico personaggio romanesco, er bullo de Trastevere, svelto co’ le parole e cor cortello, il giovane arrogante e strafottente ma in fondo buono e amabile. L’aspetto caratteristico di Rugantino è l’arroganza, infatti il suo nome nasce dalla parola romanesca ruganza ovvero “arroganza”. Rugantino era vestito da sbirro; indossava pantaloni, gilet e giacca rossi, calzava scarpe con grandi fibbie e portava un cappello a due punte. Il suo nome deriva senza dubbio da ” rugare” cioé brontolare, borbottare, come una pentola d’acqua che ribolle.
Con il tempo smetterà l’abbigliamento militare e, vestiti panni civili, smusserà il suo carattere negativo per assumere un carattere più pigro e bonario che ne farà l’interprete di una Roma popolare ricca di sentimenti di solidarietà e giustizia.
Indossa pantaloni, gilet e giacca rossi, calza scarpe con grandi fibbie e porta un cappello a due punte.
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